Solennità di San Marco Evangelista

Diocesi di Avellino

25 aprile 2020

Parrocchia di San Marco Evangelista – Manocalzati – AV

S.Messa in forma privata, celebrata da Mons. Arturo Aiello

 

Saluto iniziale

 

Grazie Don Mario! Saluto il Sindaco e tutti voi che partecipate attraverso il Canale video a questa celebrazione. Ringrazio Don Mario che non ha voluto rinunciare, non ha voluto privarvi di questa grazia della solennità di San Marco, vostro protettore, sia pure in una forma inusitata; ne portiamo il peso ma cerchiamo di cogliere comunque la Grazia che anche in questi giorni è deposta; celebriamo la Messa qui nella Cappella di San Marco e non sull’altare maggiore, come con grande gloria abbiamo fatto gli altri anni, ma l’importante è la fede ed il cuore e quelli sono gli stessi anzi speriamo più ferventi in questo tempo di prova. Iniziamo questa celebrazione con un atto di umiltà, riconoscendoci bisognosi della Misericordia del Padre, cui confessiamo i nostri peccati.

 

Omelia del Vescovo

 

Siamo ubbidienti innanzitutto alla espressione, che apriva la Lettera di Pietro: “Confidate nel Signore, gettando in Lui ogni vostra preoccupazione” ed in questi tempi di preoccupazioni ne abbiamo tante. Le preoccupazioni possono consumarci, se le teniamo per noi; possono essere un vincolo di unità, se le condividiamo; possono farci guarire, se le gettiamo.

È un’espressione del Salmo 54 che Pietro usa: “gettando in Lui, nel Signore, ogni vostra preoccupazione” e lo facciamo oggi nella solennità del vostro patrono, raggiungendovi nelle vostre case, per dirvi che il Signore è fedele, non ci abbandona. Anche questo diceva Pietro all’inizio della Prima Lettura. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che Gesù, congedandosi dai suoi definitivamente, almeno in maniera visibile – è il giorno dell’Ascensione – affida – siamo sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme – affida un compito agli apostoli e agli altri riuniti: è quello di annunciare ad altri il Vangelo.

Sono passati più di duemila anni da quella consegna, da quel desiderio, da quell’imperativo di Gesù, prima di ascendere al Padre e il Vangelo è ancora qui, vivo, in mezzo a noi. Attenti che il Vangelo non è vivo nel Libro finché il Libro è chiuso; anche la Bibbia che hai a casa.

Don Mario vi invitava a rileggere il Vangelo di Marco; ci ha detto che bastano due ore per esaurirne tutto il contenuto, ma ci vuole una vita poi per viverlo. Il Vangelo non vive nella misura in cui è chiuso, magari anche in bella mostra in una edizione d’arte nella vostra biblioteca di famiglia ma è vivo quando è parlato, come la Lingua, ci sono le lingue morte, quelle che studiamo: il latino, il greco, e poi ci sono le lingue vive; le lingue vive sono quelle che crescono mentre le parliamo; e il Vangelo è una lingua viva, una lingua che ha sulle spalle più di duemila anni, perché alcuni presero sul serio l’invito di Gesù, speriamo anche noi oggi, in questo tempo così difficile ma anche così fecondo, e cominciarono a divulgare.

“Vangelo” significa “buona notizia” e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno in questi giorni di buone notizie!

Che significa “buona notizia”? Buona notizia del Vangelo è: “Dio non è lontano, è vicino a te; Dio non è freddo rispetto ai problemi che ti assillano, rispetto alle lacrime che rigano il tuo volto, rispetto ai tormenti del tuo cuore, della tua anima, a ciò che state vivendo, ma è vicino ed è così vicino da aver mandato il suo Figlio non solo come Messaggero ma come uno che si è trapiantato nella nostra Storia e lo ha fatto pagando un prezzo alla frontiera, e questo prezzo è il suo sangue. Abbiamo appena celebrato la Pasqua e siamo ancora nel Tempo Pasquale. Questa cosa fatta da Gesù diventa una sorta di paradigma, poi per tante generazioni. Pensate che con San Marco siamo già alla seconda generazione di credenti, perché Marco ha sentito anche lui come noi, non ha visto, ha ascoltato Paolo ma poi, come ha detto Don Mario nell’indirizzo di saluto, soprattutto Pietro, ed ha ritenuto questa Buona Notizia importante per sé ma anche vitale per altri e l’ha diffusa, è diventato egli stesso un evangelizzatore.

Nella Lettera di Pietro c’è anche la provenienza: dove si scrive questa Lettera, “Vi saluta la comunità che vive a Babilonia”, un termine simbolico per dire “Roma”, per dire una città potente, una città presuntuosa. Tante nostre città e tutta la nostra cultura, presuntuosa, è stata umiliata ingloriosamente da questa pandemia e dice: “Vi saluta la comunità che è a Babilonia ed anche Marco, figlio mio”. vedete, perché il Vangelo non è solo una lezione dove c’è un insegnante, in questo momento il Vescovo, e voi che state ascoltando da casa dando un occhio anche ai fornelli per quello che state preparando per il pranzo di San Marco, ma crea dei legami, crea dei legami, cioè il Vangelo non è una lezione con le nostre maestre elementari, con i nostri insegnanti alle medie, alle medie superiori, all’Università … abbiamo avuto delle piccole relazioni che poi sono scomparse; invece il Vangelo crea una relazione anche affettiva ed effettiva, tanto che Pietro può dire: “Vi saluta Marco, figlio mio”.

Perché è figlio di Pietro? Perché Pietro lo ha generato nella fede, gli ha trasmesso questa buona notizia, gli ha trasmesso questo “virus”, perché sapete ci sono dei virus buoni e dei virus cattivi.

Noi stiamo pagando uno scotto enorme a livello mondiale per un virus negativo, anche con la corona; poi ci sono dei virus buoni cioè delle malattie che dovremmo contagiarci, per esempio la malattia dell’amore, la malattia della fede.

Oggi i genitori fanno tanta fatica a contagiare i figli nella fede. Tuo figlio crede? Tuo figlio vive la vita della Chiesa? Prega? Ha un contatto con il Vangelo, soprattutto se è adolescente, se è giovane? Tuo marito partecipa anche lui alla vita della parrocchia o è un lontano? La fede deve essere trasmessa, “la fede ci muore in mano, se la chiudiamo – dice il Papa – nelle nostre sacrestie”, anche nelle nostre chiese, ma è una fede che ha bisogno di porte spalancate, di finestre aperte, di canali, di piazze, adesso non è possibile farlo, ma lo stiamo facendo attraverso questa piazza virtuale che è il canale TV, dove diciamo: “Guarda che il Vangelo è vero, è veramente una bella notizia, non te ne privare perché perderesti un appuntamento importante con la felicità”.

È strano che questa buona notizia possa anche renderci felici, non lo crediamo sulle prime ma se vuoi che tuo figlio sia felice fa’ in modo che creda, fa’ in modo che incontri Gesù, fa’ in modo che il Vangelo divenga anche la traccia della sua vita; ma Marco ha fatto di più, San Marco ha fatto di più perché, primo fra tutti, ha pensato di scrivere qualcosa; oltre ad essere un evangelizzatore con la vita con la voce con il cuore ha pensato anche di mettere per iscritto quello che Gesù aveva fatto, si era già alla seconda generazione, Marco avrà pensato: “Non sia mai che si perdesse la memoria di questa Buona Notizia, allora forse conviene scriverla, forse conviene scolpirla in una lapide, forse conviene divulgarla ulteriormente”, ed allora il mezzo della divulgazione era la scrittura, oggi la scrittura, intendo le parole, la grammatica, la sintassi non sono un grande mezzo di comunicazione e di comunione; e quindi scrive il Vangelo. E da evangelizzato – vi dicevo l’anno scorso, mi ricordo bene la predica che ho fatto l’anno scorso – da evangelizzato diventa evangelizzatore, addirittura Evangelista, cioè uno che il Vangelo lo scrive. Come lo scrive? E voi pensate a tavolino consultando le fonti ed invece lo scrive intingendo il suo pennino, avremmo detto con i ricordi della nostra scuola elementare, nel sangue. Nel sangue perché certe cose non si scrivono con l’inchiostro.

“Ho scritto t’amo sulla sabbia ed il vento se l’è portato via”, ma questa è una citazione che vale per i sessantenni, come me; ed invece ci sono delle cose che rimangono se non le scrivi sulla sabbia, non le scrivi con l’inchiostro, ma le scrivi col cuore.

“Scrivere con il cuore” significa implicarsi in quello che si scrive, in quello che si dice, non recitare una poesia come a Natale, come a Pasqua quando eravamo bambini, ma sentire che quello che dici è importante per te e vi si riassume, vi si dà appuntamento tutta la tua vita e così diventa una parola calda che riscalda anche il cuore degli altri.

 

Ed allora il Vescovo vi augura che da questa – e lo chiediamo al Signore per intercessione di San Marco – che da questa esperienza drammatica con un costo di vite enormi, con un costo economico da un punto di vista di tracollo che neanche al momento si può calcolare, noi possiamo uscire più saggi. Quindi, attento, prima di partire da questa vita, scrivi qualcosa anche tu, scrivi qualcosa non con l’inchiostro, non sulla tastiera del PC, non semplicemente a parole, ma scrivilo col sangue, cioè a dire: “Questa cosa io l’ho capita, l’ho sofferta al sangue, l’ho sofferta, e per questo te la dico perché come ha reso felice me, così renderà felice anche te nel tempo e nell’eternità”.

 

Ringraziamo San Marco che ha avuto quest’intuizione, ovviamente gliel’ha suggerita il Signore ed il suo Spirito, di mettere per iscritto, perché dico con il sangue? Perché i paramenti sono rossi, perché San Marco ha firmato con il martirio, è diventato un testimone a tutti gli effetti, il suo Vangelo, perché è riuscito ad essere così generoso da dare tutto quello che aveva, anche la vita.

Tu sei disposto a dare la vita per Gesù? Sei disposto a firmare anche tu col sangue? In qualche maniera lo stiamo facendo in questi giorni, però vorrei che lo facessimo quasi per scelta, a dire: “Sì, sono costretto a stare in casa, sono costretto, costipato in un piccolo spazio, ma voglio aprire le finestre e le porte del cuore all’amore, per scrivere anch’io; voglio mettere una firma sotto quella di Marco”, ed allora i tuoi figli, i tuoi nipoti, quelli che verranno crederanno anche loro, e nell’eternità ti diranno: “Grazie, mamma, che mi hai trasmesso la vita certo ma anche la fede; grazie, papà, che con la tua testimonianza mi hai fatto capire quello che è importante”; e attenti, eh, quello che è importante lo stiamo capendo in questi giorni, dove tante cose non ci sono però siamo ancora vivi, però riusciamo a sopravvivere perché ci sono le cose importanti: c’è l’aria, c’è il sangue che circola, c’è l’amore che ci lega, c’è il pane, c’è il vino… c’è la Parola. C’è il Signore!

E che questa memorabile, perché non passerà inosservata, solennità di San Marco 2020 generi nella comunità di Manocalzati dei grandi propositi e che siano santi!

 

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Trascrizione non ufficiale.