Uscire e/è Rischiare

20 dicembre 2019

 

Good Evening

Incontro per i giovani guidato da

S.E. Mons. Arturo Aiello

“Uscire e/è Rischiare”

Auditorium Polo Giovani – Avellino

 

 

Canto iniziale: Tu sei bambino

 

Tu sei bambino, tu sei bambino,
Dio infinito, Dio vicino.
Tu sei bambino, tu sei bambino,
nel Natale è il nostro destino.

Tu padrone dei cieli e dei popoli,
tu l’altissimo Dio degli eserciti,
sei quaggiù tu minuscolo,
sei quaggiù indifeso in mezzo a noi.

Tu sei bambino, tu sei bambino,
solo paglia è il tuo cuscino.
Tu sei bambino, tu sei bambino,
tu l’immagine del divino.

Che dimentica il cielo e le nuvole
Per venire quaggiù tra le lacrime,
il tuo amore è incredibile,
ma sei sceso giù dal Paradiso.

RIT: Grazie, che sei venuto quaggiù a condividere.
Grazie, per il tuo amore che non ha più limiti.
Tu bambino sei qui in questa grotta
E tu resti a tremare, resti a tremare, a tremare come noi.

Tu sei bambino, tu sei bambino,
Dio infinito, Dio vicino
Tu sei bambino, tu sei bambino,
nel Natale è il nostro destino.

Tu padrone dei cieli e dei popoli,
tu l’altissimo Dio degli eserciti,
sei quaggiù tu minuscolo,
sei quaggiù indifeso in mezzo a noi.

RIT: Grazie, che sei venuto quaggiù a condividere.
Grazie, per il tuo amore che non ha più limiti.
Tu bambino sei qui in questa grotta
E tu resti a tremare, resti a tremare, a tremare come noi.

***

Nel nome del Padre…

 

L’incontro di stasera è speciale, come sono speciali tutte le vigilie; non è ancora la vigilia di Natale, ma è il nostro incontro vigiliare con cui cerchiamo di purificare le immagini che ci giungono, non sempre in tonalità vera, natalizia.

Spiegavo a Napoli, in un incontro di qualche ora fa, che il Natale è la più grande operazione di inculturazione che il Cristianesimo abbia fatto, perché è impossibile non celebrare Natale a tavola, Natale con gli amici, Natale con i parenti, Natale con i doni… Dovremmo fare in modo che tutta la fede possa avere la forza del Natale, cioè essere universale, comprensibile a tutti, da coniugare per i giovani, per gli adulti, per gli anziani, per i bambini.

Nello spot natalizio che avete visto prima di iniziare, e che potrete scaricare dal sito, avete visto che, alla fine, il Natale è per i piccoli, per quelli che sanno avere occhi da bambini. Natale risuscita il bambino che è in noi, lo fa rivivere, gli dà nuovo smalto, è come se ci facessimo condurre dal bambino che siamo, mano nella mano. Nello spot c’era un bambino di quattro anni, che si chiama Roberto; sembrava guidato da me, ma in realtà ero io guidato da lui, e le battute che avete ascoltato sono frutto della fantasia di questo bambino.

Allora chiediamo al Signore che non sia sciupato questo Natale, perché si può anche sciupare un Natale, abortire un Natale: è un Natale andato a vuoto, che significa, come per le donne un ovulo vuoto, che non nascerà nessuno. C’eravamo messi in attesa, abbiamo sentito anche le doglie, ma era tutta isteria. Questo pericolo è forte oggi, perché siamo bombardati da tante immagini distorte, ed allora stasera ci ricomponiamo, riprendiamo per mano il nostro bambino; idealmente prendete per mano il bambino che eravate. È più difficile per gli adolescenti, perché pensano che il bambino sia una cosa sorpassata, invece per quelli grandi è una cosa dolcissima.

Dilemma: com’ero da bambino? Come pensavo? Quando facevo le preghiere da bambino, ero sicurissimo che Gesù mi ascoltasse. Sicurissimo! Oggi, invece, non tanto. Anche il Vescovo qualche volta dubita come voi: “Ma Gesù mi sta ascoltando veramente o sto parlando con il muro?”. Quindi il bambino mi dice: “Nooo, metti le mani giunte che Gesù è qui, parlaci e lui ascolta”.

Vorrei cominciare così questo nostro incontro, prendendo per mano il bambino. Anche se il bambino fa piccoli passi, cerca di mettere il tuo passo in accordo con il passo del bambino.

Cos’è Natale?

Come si celebra il Natale?

Che cos’è importante del Natale?

Ognuno di voi, nel display mentale, metta un’immagine di sé bambino. Fate questa operazione: aprite una finestra in alto a destra sul display della mente e metteteci una foto di sé bambino.

La storia, che adesso stiamo per ascoltare, è tratta dal Vangelo di Matteo, e ci racconta un episodio che, da bambini, ci faceva sognare. Lo ascoltiamo.

 

Matteo 2,1-12

1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele».

7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

 

***

 

Questo Vangelo ci raggiungerà alla fine delle feste natalizie. Noi lo leggiamo prima, perché andiamo un po’ controcorrente, perché nel presepe i Magi che stavano in un angolo, in fondo, hanno sempre attirato la nostra attenzione, perché c’era la sabbia, c’erano le dune, perché portavano odore di resina, venivano dall’Oriente dove sorge il sole.

I vangeli del Natale sono un viavai: Maria va da Elisabetta, l’angelo va da Zaccaria, l’angelo viene mandato a Maria, Maria e Giuseppe si mettono in viaggio perché Cesare Augusto aveva deciso di contare i suoi sudditi (non era un fatto legato solo al contare, ma era legato anche alle tasse), poi i Magi vengono da lontano, poi Maria, Giuseppe ed il bambino devono fuggire in Egitto.

Natale è un andirivieni, gente che va, gente che viene.

Natale è fatto di strada, è fatto di passi da compiere, ma verso dove?

Il Vangelo dei Magi ci dice, con un linguaggio fiabesco, che erano dei saggi, dei sapienti, degli astronomi, degli astrologi; guardavano le stelle, facevano qualcosa di nuovo. Quando noi eravamo piccoli, i genitori ci dicevano: “Guarda bene a terra dove metti i piedi”. Invece bisogna guardare in alto, bisogna guardare le stelle. Ma tu ce l’hai una stella da guardare?

Tre casettine / dai tetti aguzzi, / un verde praticello / un esiguo ruscello: Rio Bo”. È Aldo Palazzeschi (per voi cose vecchie…) che descrive un borgo – il suo borgo natìo – che ha una stella, una grande, magnifica stella, e conclude: “chi sa se nemmeno ce l’ha una grande città”. A dire che le stelle vanno a brillare nei luoghi più oscuri. Al centro di Avellino le stelle non si vedono, ma se andiamo a Candida, se andiamo in un posto dove ci sono poche luci, allora si vedono le stelle. Palazzeschi vuole dirci che, sebbene il paesino sia piccolo, almeno ha una stella. Ma tu ce l’hai una stella? Lo so che state pensando: la stella è la mia ragazza! E speriamo che quelli fra voi che sono sposati dicano: la stella è mia moglie, mio marito… Anche se non sempre è così! Una stella da seguire, una stella da guardare, una stella da inseguire, una stella che ti chiama e ti dice di non accontentarti. Questi saggi avevano tante cose, abitavano nei loro castelli, avevano tante donne bellissime, profumatissime, avevano cinquecento cuoche, tanti forzieri… avevano tutto. Ma erano inquieti, mancava loro qualcosa.

La mia generazione è cresciuta con Bennato: “Seconda stella a destra, questo è il cammino, poi dritto, fino al mattino…”. Quando eravamo ragazzi, questa canzone ci metteva dentro una grinta! Vedo qualcuno che sorride… Questo è il cammino, a dire che c’era una stella.

Matteo, raccontandoci questa fiaba (nel senso più bello del termine, fiaba come una bella storia), vuole dirci che i magi lasciano le belle donne per seguire una stella. Affrontano tante difficoltà, attraversano deserti, c’è il Ghibli, il vento del deserto che cambia la geografia, se c’è una duna, passa il Ghibli, e subito non c’è più, quindi vivono il disorientamento, la solitudine, qualche volta si dicono: “Ma chi ce l’ha fatto fare? Torniamo indietro!”. Tutti noi viviamo la tentazione di non seguire una stella, e preferiamo starcene in pantofole accanto al camino. Ma la loro forza e la loro caparbietà li portano al ritrovamento del re che si aspettavano; non Erode, re con la corona, che tenterà di uccidere il bambino perché lo vede come avversario, ma a Betlemme, dove giungeranno non seguendo le rotte dei grandi.

Alza gli occhi e guarda lontano! – dice la stella che è qui alle mie spalle. Innanzitutto alza gli occhi. Guarda lontano, non guardare troppo vicino a te. Fate scelte a largo raggio, a largo respiro, non mortificanti.

Trovano il bambino e ritrovano la stella, perché la stella non c’è sempre: a volte ci sono le nuvole, a volte compare e scompare … Sarà stata un’illusione? Ma ricompare la stella sulla grotta ed offrono i loro doni: oro, incenso e mirra. Sono doni che dicono del bambino e dicono anche di chi li porta. Pensate ai doni che state preparando, impacchettando; voi dite: cosa farà piacere a questa ragazza?, a mio figlio?, ai miei genitori, a mia nonna, a mio nipote? Come fate a scegliere un dono? Voi pensate di fare qualcosa che renda felici, ma non è solo così, perché il dono non parla solo dell’indirizzo a cui è mandato, ma anche del mittente. I doni che state preparando parlano di voi, di quello che avete capito. Quindi chi porta l’oro è ricco, ma riconosce in Gesù il re; chi porta l’incenso ha un senso del sacro, ma riconosce nel bambino Dio; chi porta la mirra è addolorato, ha dei problemi, ha avuto delle incomprensioni, ma riconosce che questo bambino, questo re non avrà una vita facile.

Ragazzi, nessuno ha una vita facile. Tutti dobbiamo attraversare tanti dolori e, per lenire il dolore, bisogna spalmare tanta mirra, come una medicina, come un balsamo per i nostri dolori.

Io cosa porto a Gesù Bambino quest’anno?

Hai pensato a doni per tutti, tranne che per Gesù. Pensate un attimo: impacchetto un dono per Gesù. Cosa gli porteresti per parlare di te e per parlare di te a Lui e per parlare di Lui a te? Pensateci.

 

Intermezzo musicale

Cercando l’oro

(Angelo Branduardi)

 

Camminando per di qua
noi stiamo cercando l’oro,
stamattina in verità ho tentato di partire solo…
Come è caldo questo sole
e ormai siamo una lunga fila
anche se in verità volevo proprio partire solo…
Ora c’è chi dice “andiamo avanti”,
c’è chi gli risponde che è sbagliato,
qualcuno intanto sta pensando che sarebbe meglio ritornare…
Sotto questo sole così caldo,
in mezzo a questa confusione,

se almeno si togliessero di mezzo
quelli che vogliono dire la loro!
Camminando per di qua
noi troveremo l’oro,
stamattina in verità avrei voluto partire solo…
Se ora guardo dietro me
vedo una lunga fila,
come ho fatto non lo so a pensare di partire solo…

***

La cosa più importante di questa canzone è la coda: sono in tanti che cantano, finalmente cantano, non sono impettiti uno rispetto all’altro, perché sono diventati una famiglia, una comunità, benché all’inizio fossero sospettosi… Forse dovevo partire da solo? Attenti a cercare l’oro da soli; bisogna cercarlo insieme ad altri! Certe imprese riescono solo se le facciamo insieme ad altri; è il caso del Natale: non mangiare da solo! Per alcune persone Natale è una ferita, perché c’è un’assenza, un tradimento, un defunto, e quindi si fa fatica, perché a Natale si va in carovana: stiamo cercando l’oro. Quando ho detto a Don Marcello “l’oro”, lui ha pensato a “loro” attaccato, nel senso che stiamo cercando delle persone che stiano insieme, ed è bella anche questa svista che Don Marcello ha avuto. A dire: non cerchiamo lui o lei, ma loro. Adesso siamo un noi, non c’è il Vescovo, non c’è Don Marcello, ma ci siamo noi, che siamo gli irriducibili. Per cercare l’oro non bisogna fermarsi alla prima taverna, alla prima risposta, al primo libro, alla prima sconfitta, alla prima delusione, ma bisogna andare insieme. Adesso insieme vogliamo recarci a Betlemme, perché siamo venuti per il Bambino.

L’oro, nella tradizione antica, veniva dalle stelle, che esplodendo ad una velocità fortissima, lo avevano lanciato sulla Terra, entrando nelle viscere. L’oro non risplende, lo trovi al buio, sta nelle miniere, è il frutto di tante fatiche. Allora chiediamo di poter stare al buio, cercando l’oro. Non trovo l’oro luccicante, spesso quello che luccica non è oro. Quando eravamo bambini ci dicevano: “Questo è oro di Bologna, si fa nero per la vergogna”, cioè era falso; invece l’oro vero, se tu lo vedi, inizialmente non luccica. Qualche volta sono andato dall’orafo: “Ma questo è oro?”. “Sì, sta in lavorazione”. Solo dopo, attraverso tanta fatica, viene fuori lo splendore dell’oro.

Adesso giungiamo a Betlemme insieme e tentiamo di cantare “Astro del Ciel”. Non è il 25 dicembre, perché come sapete, la data del 25 dicembre, non corrisponde alla data della nascita di Gesù – spero di non scandalizzare nessuno – ma è la data di un’attesa precedente: del sole invitto, che ricorre il 21 dicembre, in cui finisce il buio e comincia la luce. Gli antichi festeggiavano questa data a Roma, facendo delle veglie; poi uscivano delle persone dal tempio con tanti ceri, gridando: “Arriva la luce!”. Era la festa del sole vincitore e, su questa festa pagana, i cristiani, per trovare una data in cui celebrare la nascita di Gesù, dissero: “Scegliamo di immergerci in una data che già c’è, perché c’è il sole, c’è l’oro, c’è il sole che viene!”. Sole che sorge dall’alto: è il cantico.

Vedete com’è contento Giuseppe, che non è un vecchione, come lo vedete nel presepe, ma è un giovane che guarda questo bambino e Maria è sudata, come succede a tutte le donne durante il parto, perché soffrono, perché lottano; noi siamo nati da una lotta, siamo nati da una grande sofferenza, da una grande ferita.

Natale è qui, adesso, nel nostro Auditorium, che per la prima volta vedete completo anche di sedie. Anche questo è un miracolo, frutto di un “loro” che si sono messi insieme.

Adesso il Vescovo si mette in ginocchio, e se qualcuno di voi ci riesce, può fare lo stesso (gli altri si mettono in ginocchio con il pensiero); ci metteremo in un atteggiamento di adorazione, perché questo bambino non è un bambino qualsiasi: è il Figlio di Dio, che viene a rendere una reggia questa nostra vecchia Terra.

Cantiamo insieme:

Astro del Ciel

Astro del ciel,
pargol divin,
mite Agnello redentor,
tu che i vati da lungi sognar,
tu che angeliche voci annunziar
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor.

Astro del ciel,
pargol divin,
mite agnello redentor,
tu disceso a scontare l’error,
tu sol nato a parlare d’amor,
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor.

Astro del ciel,
pargol divin,
mite agnello redentor,
tu di stirpe regale decor
tu virgineo, mistico fior,
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor.

 

Qualche istante di silenzio e ciascuno di noi dica qualcosa a questo bambino: possiamo cullarlo, possiamo fargli una carezza sul capo, possiamo toccargli le manine (i bambini appena nati hanno le dita affusolate, piccole piccole, come un’opera d’arte, scolpita con gli scalpellini minuscoli che Michelangelo utilizzava per rifinire un’opera d’arte). Dite a Gesù: sei con noi e dunque non siamo soli, affascia le nostre famiglie, le nostre parrocchie, la nostra Diocesi.

 

Benedizione a Frate Leone

Benedicat tibi Dominus et custodiat te,
Ostendat faciem suam tibi et misereatur tui
Convertat vultum suum ad te
Et det tibi pacem.
Dominus benedicat frater Leo, te

Benedicat, benedicat,
Benedicat tibi Dominus
Et custodiat te.
Benedicat tibi Dominus
Et custodiat te.

 

Frate Leone è la pecorella di Dio, dice Francesco. Va a pregare e, a volte, non si presenta a pranzo, a cena, ed il maestro ha paura che l’amico l’abbia abbandonato. Allora Francesco che fa? La benedizione la dedica solo a lui. Non è uno dei vostri messaggi per gli auguri di Natale, in cui fate un click ed arriva a cinquecentomila persone, ma è una benedizione solo per frate Leone. Chissà com’era contento Frate Leone d’avere una benedizione solo per sé!

Gesù è venuto solo per me, a salvarmi.

 

***

 

Ci sono dei suoni di Natale particolari, soprattutto legati al Natale di Francesco, poi anche ai Natali del ‘700, ai Natali dell’Abruzzo, anche delle nostre montagne, dove si sentivano già dall’Immacolata e poi per la Novena di Natale: le ciaramelle. Noi le accogliamo e, dopo, insieme, dietro di me con gli zampognari, in silenzio, andremo davanti all’albero dove ci sarà anche una sorpresa dolce.

 

Benedizione del Vescovo

***

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.