Ritiro di Pasqua (1)

Ritiro di Pasqua – Lunedì Santo – 6 aprile 2020

Preghiera e Prima Meditazione

 

Pace e bene. Buongiorno. È il Lunedì Santo di una Settimana Santa che non si ripeterà mai più, per fortuna, nelle condizioni in cui ci accingiamo a viverla, ma che conserva la sua sacralità; si chiama “Santa” e dunque va vissuta santamente. Solo una battuta per dire cosa è un Ritiro. Alcune persone sono abituate ad un vocabolario, per altre “ritiro” ricorda solo il ritiro pre-partita dei calciatori. Il parallelo, per la verità, non è del tutto a sproposito perché “ritiro” significa una giornata dove si spegne il televisore ed altre fonti di distrazione e ci si pone in preghiera, quasi di continuo. Non vi impressionate: noi avremo quattro appuntamenti in quattro momenti diversi della giornata e poi vi sarà lasciato un “assegno per casa”, per così dire, c’è la possibilità di continuare personalmente per chi lo voglia e ciascuno secondo la sua sensibilità, personalizzando quelle sollecitazioni che ci vengono dalla Parola e dalla mediazione che, umilmente, il vescovo vi offre. È un modo questo per vivere questo Lunedì Santo, aprendo gli occhi, aprendo i sensi perché la grazia di questa Settimana Santa ci raggiunga in pieno e corrisponda alla Risurrezione di Gesù certamente, ma speriamo anche alla nostra ed alla conclusione della nostra clausura.

 

Come comincia un ritiro? Ci sono dei gesti, dei riti che hanno il loro valore: per esempio, accendere una candela; spero che ne abbiate una in casa; l’accensione di una candela è importante per qualsiasi esperienza di preghiera. Voi starete pensando: “Ma a che serve una candela se c’è tanta luce?” È un segno per dire: “Mi metto ad ardere e voglio trovare una lampada per i miei passi”, come dice il salmista nel salmo 118, un’espressione molto cara al cardinale Martini, incisa sulla sua tomba: Lampada per i miei passi è la tua Parola.

Ma non basta accendere una candela per entrare in preghiera, c’è bisogno dell’azione dello Spirito Santo. Questo è il motivo per cui lo invochiamo con un canto che conoscete in tanti.

 

Vieni, vieni, Spirito d’amore,

ad insegnar le cose di Dio.

Vieni, vieni, Spirito di pace,

a suggerir le cose che Lui ha detto a noi.

 

Noi t’invochiamo, Spirito di Cristo,

vieni Tu dentro di noi.

Cambia i nostri occhi, fa che noi vediamo

la bontà di Dio per noi.

 

Vieni, vieni, Spirito d’amore,

ad insegnar le cose di Dio.

Vieni, vieni, Spirito di pace,

a suggerir le cose che Lui ha detto a noi.

 

Perché invochiamo lo Spirito? Perché – dice San Paolo – è impossibile anche solo dire “Abbà” senza la grazia dello Spirito Santo. “Ritiro spirituale” significa ritiro nello Spirito Santo, è come tornare a respirare a pieni polmoni dopo una crisi di asma, dopo essere stati affaticati.

L’anima ha anche il suo respiro. Il respiro dell’anima è la preghiera. Non è un fatto di volontà: “Adesso devo pregare” ma è un dono che noi chiediamo insieme e questo dono non si ottiene senza l’azione dello Spirito, per questo nei grandi momenti, pensate ad un Conclave, ma anche esperienze più semplici, come la nostra, prima di cominciare, prima ancora di fare il segno della Croce, si invoca lo Spirito Santo. Adesso lo faccio con le parole che alcuni di voi conoscono che sono le parole della Sequenza di Pentecoste:

Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni; datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che e’ sordido, bagna ciò che e’ arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che e’ rigido, scalda ciò che e’ gelido, raddrizza ciò ch’è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.

Canto: Vieni, vieni, Spirito d’amore

Qual è il passo successivo? È avere un brano di riferimento, un brano della Parola.

Ho scelto per voi il Capitolo 12 del Vangelo di Giovanni che contiene tre scene; la prima, la unzione a Betania da parte di Maria; la seconda scena è l’ingresso di Gesù in Gerusalemme che abbiamo commemorato ieri Domenica delle Palme; e la terza scena è la ricerca di alcuni che vogliono vedere Gesù. Cominciamo con la prima pagina, quindi siamo al Capitolo 12 del Vangelo di Giovanni, ai versetti 1-11. Ho chiesto a Don Christian di cantarcelo perché “sono canti per me i tuoi precetti nella terra del mio pellegrinaggio”, dice il salmista, ma prima d’ascoltare la Parola insieme facciamo un segno di Croce adagio adagio. Il segno di Croce è la cosa più semplice ma anche la più sintetica della nostra fede e quindi iniziamo questo cammino: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Ascoltiamo.

Dal Vangelo di Giovanni 12, 1-11

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciatela fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avrete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Betania è per Gesù il luogo del riposo, così come lo sono anche per noi le case dei nostri amici. Ciascuno di voi pensi ad un posto dove vorrebbe stare in questo momento; non è solo un bel posto da un punto di vista paesaggistico, ma anche il posto dove ci sono, il luogo dove abitano delle persone che amiamo. L’amicizia l’ha condivisa anche Gesù, è il pane più dolce della vita ed è un’amicizia che ha un orticello, ha una casa, come dice Santucci in “Volete andarvene anche voi?”, una mensa, dove Gesù entra, spogliandosi delle sue vesti di regalità e di divinità per essere semplicemente un uomo, spesso un uomo stanco. È qui che Gesù alla vigilia della Grande Settimana sceglie di vivere la sua vigilia, è qui che viene a prendere un respiro, a fare iperventilazione, come coloro che debbano vivere senz’aria a lungo, è qui che siede a mensa con Marta, Maria, Lazzaro, altre persone amiche. E qui avviene un fuori programma. Noi troviamo questo brano qui, ma anche nel Vangelo di Matteo e di Marco, ambientato altrove nella casa di Simone il lebbroso.

Maria che è quella che abbiamo visto nel Vangelo di Luca essere la contemplativa, quella attenta a Gesù, che non si preoccupa tanto di che cosa preparare, ma d’essere ospitale. Maria prende un profumo preziosissimo. L’Evangelista si sofferma, si attarda su questa preziosità perché dice: “Maria, allora presa una libbra di olio profumato di vero nardo assai prezioso…” C’è una insistenza, una ridondanza di aggettivazioni, per dire che qui non si gioca al risparmio. È sempre così nell’amore. Per quanto tempo Maria abbia conservato questo profumo? Forse è il frutto del risparmio di una vita, ha messo su spicciolo su spicciolo per fare una sorpresa al Maestro; avrebbe voluto che questo accadesse in un momento di festa? Marta e Maria e Lazzaro non sanno ciò verso cui Gesù si sta muovendo a grandi passi; non sanno, non intuiscono le macchinazioni che già a Gerusalemme si preparano contro di Lui, ma in questo momento la donna sente di dover “sciogliere questo voto”, diremmo noi. È una scena bellissima! Nel Vangelo di Marco si dice che la donna viene con un vasetto di alabastro di nardo prezioso di gran valore, a dire che è prezioso il contenente ed è prezioso il contenuto. È la umanità e la divinità di Gesù. La sua umanità bella, “Tu sei il più bello fra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia”, dice il salmista nel salmo 44 che è un salmo nuziale. Gesù è bello nella sua umanità. Dobbiamo pensare che effettivamente non ci sia un uomo più bello, più affascinante di Lui. È l’uomo perfetto. È l’uomo che Dio ha pensato per l’umanità, il prototipo, la realizzazione migliore; ma ecco che questa umanità contiene anche qualcosa di più prezioso. Quindi è prezioso il contenente, qui mi attengo alla versione di Marco, del Vangelo di Marco, “vasetto di alabastro”, ma ancora più è prezioso il contenuto, questo “nardo assai prezioso”; perché noi possiamo sentire il profumo contenuto in questo vaso già prezioso deve avvenire una rottura, deve avvenire un gesto violento perché dice Marco nel suo racconto che la donna “ruppe”, non c’era possibilità di aprire in altra maniera questo vaso, è un gesto profetico, dice morte, anticipa questo gesto le mani di coloro che imprigionano, che flagellano, che coronano di spine, che condannano e che crocifiggono Gesù. È la rottura della morte.

Mi chiedo: “Perché dobbiamo aspettare – questo vale anche per noi, eh! – perché dobbiamo aspettare la morte di una persona per capirne l’importanza?” Si potrebbe adorare questa divinità nascosta nell’umanità, nel caso di Gesù? Ma bisogna passare attraverso la Croce, attraverso un gesto cruento, attraverso la morte. Ed ecco che la donna rompe il vaso e cosparge i piedi del Maestro.

Torniamo alla nostra versione di Giovanni. Dice: “Cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. Qui c’è tutta la femminilità che Gesù non disdegna, perché il profumo è una prerogativa prettamente femminile, ma poi c’è il gesto silenzioso, lento, ma anche solenne di cospargere i piedi del Maestro con questo unguento. Attenti che era il balsamo con cui si cospargeva il corpo dei defunti! Il Corpo di Gesù tra qualche giorno non potrà ricevere questo conforto. Mi piace questo avvicinamento alle vittime di questi giorni. Mi ha fatto molto soffrire e credo che questo valga anche per voi che essi non abbiano potuto ricevere il conforto e l’unguento delle lacrime. Tra la morte e la sepoltura c’è una velocità, un tempo contratto, a volte addirittura in poche ore, per paura del contagio. Ci sono ovviamente dei motivi di sicurezza, però non possiamo non lamentare che il corpo delle vittime del Covid-19 non abbia potuto ricevere il pianto delle madri, delle mogli, gli amici, gli abbracci…, una serie di ritualità che non dico che rendano la morte meno drammatica, ma certamente la condiscono di un amore.

Accadrà così per Gesù, perché ci sarà la fretta anche per Lui; dopo la morte è il giorno   della Parasceve e dunque il domani è il Grande Sabato; non bisogna lasciare i corpi esposti e dunque si procederà alla sepoltura velocemente e non ci sarà il tempo di ungere il corpo del defunto, come si era soliti fare ai tempi del Signore. Ebbene, Maria, senza saperlo, compie questo gesto d’amore e di venerazione anzitempo, con la dolcezza della sua femminilità, esprimendo tutto il suo amore sui piedi del Maestro e per asciugarli utilizza la cascata dei suoi capelli; li immagino in questo momento biondi, che sono riversati sui piedi e svolgono quest’azione di consolazione. “C’è qualcuno che si prende cura di me” – Gesù pensa -, quanto ha speso questa donna? Quanto amore ha posto in questo gesto?

E veniamo a noi ed è quello che vorrei che meditaste in questa ora che ci separa per il prossimo passaggio: ma io so porre gesti di amore? E il gesto d’amore ha una caratteristica DOC. Per distinguere un gesto d’amore vero dobbiamo sempre cercare un marchio e questo marchio DOC si chiama gratuità; cioè si pone un gesto per il piacere di porlo, per la gioia d’ offrirlo all’altro, agli altri, fosse anche il gesto della mensa, senza aspettarsi nulla. Maria neanche sa che si parlerà di lei dopo duemila anni ad esaltare questo gesto. Non avrebbe voluto neanche gli occhi indiscreti di Lazzaro e di Marta e di eventuali altri commensali, cioè ha posto questo gesto come se fosse sola con Gesù e questo esalta ancora di più questa gestualità d’amore, di venerazione, di adorazione nei confronti del Messia.

Ed allora ti assegno qualche cosa da pensare, magari se hai tempo anche da scrivere in questa ora: innanzitutto gesti ricevuti. Davanti a questa scena così bella, così ricca, così piena di allusione, i profumi richiamano il Cantico dei Cantici ed ogni esperienza d’amore è profumata, ti ricordi di qualche gesto che qualche persona in maniera un po’ folle ha fatto nei tuoi confronti rinunciando a tutti i suoi averi, spendendo tutto quello che aveva messo da parte per farti un dono, per rendersi presente a te che magari vivevi una difficoltà o semplicemente per farti giungere una carezza.

Quindi il primo assegno, il primo “esercizio”, si chiamano così in termini tecnici, è ripensare ad un gesto d’amore o a gesti d’amore ricevuti che abbiano però questo marchio DOC della gratuità: cioè questa persona, senza aspettarsi nulla, neanche il contraccambio dell’amore, ha fatto una follia per me. Me ne viene in mente uno, non nei miei confronti. Un giovanissimo tanti anni fa della mia parrocchia che vendette tutto il suo oro, diede fondo a tutti i suoi risparmi, comprò un biglietto per gli Stati Uniti per presentarsi alla porta inaspettato di una ragazza  a cui voleva bene portandole dei fiori; ha attraversato gli oceani e di ritorno non ha ricevuto neppure un “grazie” … ma mi commosse tanto questo gesto; a volte i giovani, i ragazzi sanno fare questi gesti folli forse più di noi grandi. Tra l’altro è una storia che non ha avuto nessun seguito e la ragazza non gli disse neppure “grazie” neanche lo ospitò e lui se ne è tornato indietro povero, perché … a riattraversare l’oceano a tornare in Italia ed a Sorrento con la gioia d’aver fatto una follia.

Ecco, quindi tu hai ricevuto qualche volta un gesto del genere? Ed il secondo esercizio è: “Ma tu un gesto del genere l’hai mai fatto?” In questi giorni che stiamo vivendo sono giorni nei quali ognuno si tiene il suo gruzzoletto stretto perché non si sa mai a che cosa andiamo incontro, ed invece potrebbe essere questa settimana l’occasione per fare una follia per una persona che amiamo o anche per un povero da aiutare azzerando il nostro conto corrente. Tutto questo per dire cosa? Per dire che Colui a cui Maria offre questo gesto è Chi ha dato fondo a tutti i suoi beni per te, per me, per noi, per l’umanità, per salvarci. Lo dice molto bene Paolo nell’Inno ai Filippesi: “Gesù non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini fu umiliato fino alla morte di Croce”.

Ecco, ci apriamo ad adorare questo mistero di una estrema gratuità da parte di Dio. È facile comprenderlo? È molto difficile. Anche perché questa è una storia che noi diciamo: “Già la conosco”, ed allora riinvochiamo lo Spirito perché ci aiuti, perché questa cosa entri dentro e ci cambi.

 

Canto: Vieni, vieni Spirito d’amore

 

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Il testo non è stato rivisto dall’autore.