Ritiro di Pasqua (2)

Ritiro di Pasqua – 2

 

Dal Vangelo di Giovanni 12, 1-8

 

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». 

 

Siamo al secondo momento, ancora con la stessa scena; dobbiamo abituarci a stare  su una pagina di vangelo a lungo, come su una lettera d’amore, che si legga e rilegga tante volte fino a consumarla, anche quando è ingiallita. Questa pagina ha sulle spalle duemila anni ma è di una giovinezza ancora tutta da esplorare. Tra mille anni, duemila anni, tremila anni altri commentatori, altre comunità cristiane vi scoveranno cose che noi non riusciamo a vedere. Questa è la bellezza della Parola di Dio che cresce, che lievita come un pane nella madia della Chiesa, nella madia che è la preghiera.

Ci siamo lasciati nella prima parte della mattinata con questa scena sconvolgente di una donna che spende tutto quello che ha, che offre a Gesù la sua femminilità, la sua vita, il suo tempo in questo gesto di venerazione, di adorazione, che adesso ascoltiamo essere anche un gesto profetico. Ma ci sono sempre i mal pensanti; ce ne sono per Maria in questo racconto di Giovanni, ce ne sono anche nel racconto di Matteo e di Marco dove si raccontano scene analoghe. Le gente ne è scandalizzata e qui il capogruppo,  colui che si fa il propagatore di questa rivolta contro la donna, che deve essere condannata, accusata per questo spreco, è Giuda, che ha valutato con gli occhi dell’economo quanto costa. Giuda è l’economo – dice Giovanni – colui che teneva la cassa e dunque anche l’occhio ai prezzi come tutti gli economi e come tutte le persone che fanno la spesa e quindi ha calcolato che all’incirca questo spreco, questo gesto ha un costo di trecento denari; lui tra qualche giorno venderà il Maestro per molto poco, appena trenta denari; e tira fuori anche una motivazione diciamo teologicamente e socialmente ineccepibile: si poteva vendere quest’olio profumato e ricavarne questa somma ed impiegarla per i poveri, per una somma urgenza.

Quindi, come vedete, il bene è sempre attentato e, sapete, un gesto dipende da chi lo guarda; non esiste un gesto che abbia per così dire una sola lettura, ma quanti sono gli sguardi, i lettori, tante sono le diverse interpretazioni. Il giornalismo e tutta la macchina televisiva in qualche maniera vive e ruota intorno alla lettura ed alla interpretazione dei fatti. Un gesto può essere puro, ma se chi lo guarda ha l’occhio cattivo vi vede, vi intravede addirittura una malignità, una malvagità. Noi proiettiamo – come dice Freud – proiettiamo continuamente sugli altri quelli che sono i nostri sentimenti, spesso quelle che sono le nostre patologie. Bisognerebbe guardare con gli occhi di Dio, l’unico che guarda le cose nella loro realtà e sa scoprire il bello anche quando è nascosto. L’uomo ha la possibilità di leggere il male anche in un’azione angelica. Abbiamo la possibilità di mettere un dubbio quando, alla fine di una lode sperticata nei confronti di una persona diciamo: “Sì… ma…” Bastano queste particelle per cominciare una demolizione anche di gesta eroiche o sante, a seconda dei punti di vista.

Giovanni non è molto clemente nei confronti di Giuda, lo vediamo in tanti punti del Vangelo, ma certamente non possiamo non concordare con lui nel mettere a fuoco quel Giuda che è in noi e che ci fa vedere il male dovunque. C’è un’espressione in San Paolo che fa al caso nostro e che nei Promessi Sposi è riportata sulla bocca di Padre Cristoforo nella “notte degli imbrogli” per tacitare il frate portinaio che trova difficoltà che Agnese e Lucia siano entrate nella clausura a quest’ora, quando il sole è già tramontato … per tagliare corto perché non c’è tempo, dice: “Omnia munda mundis” che significa “tutto è puro ai puri, non ti preoccupare, queste sono due brave donne che non romperanno nessun equilibrio nel nostro convento”, “tutto è puro ai puri” significa che chi ha lo sguardo limpido vede tutto bello e chi ha lo sguardo torvo vede tutto infangato perché omnia munda mundis ha anche il suo opposto: se tutto è puro ai puri tutto è negativo, tutto dipende dagli occhiali che hai inforcato; se metto gli occhiali scuri vedo tutto nero, se metto occhiali chiari vedo tutto luminoso.

Chiediti con quali occhiali stai vivendo, cioè come guardi il mondo, come guardi le donne, gli uomini, le azioni…, come stai vivendo anche questo tempo che rischia di dare luogo ad una guerra tra poveri, no? Riesci a vedere la gratuità o intravedi sempre una macchinazione, una dietrologia in tutte le cose che si fanno e che si dicono?

Da un lato siamo messi in guardia rispetto al pericolo dei soldi. Il denaro ci è utile ma attenti – dice il Salmista – “scuote le mani per non accettare regali”, regali va riferito anche alle mance, scuote le mani per non accettare regali. È il giusto che vuole mantenersi libero; ed è così difficile utilizzare il denaro senza che il denaro ci schiavizzi, dico il denaro per dire qualsiasi bene, e com’è difficile utilizzarlo per il bene e com’è facile lasciarci irretire in una serie di azioni, sospetti dove gli altri sono sempre attentatori.

“Roba mia vientene con me!” dice il personaggio del Verga che è giunto alla fine dei suoi giorni, e vorrebbe portare con sé la sua “roba”.

Facciamo buon uso dei nostri beni? Facciamo buon uso del denaro? Facciamo buon uso di quella moneta preziosissima che è il tempo? E riusciamo a compiere un gesto di bene nei confronti degli altri?

In questi giorni, come d’altra parte accadde nell’’80 all’indomani del terremoto, iniziarono contemporaneamente due movimenti; iniziarono allora e stanno iniziando anche adesso: cioè gesti di grande apertura agli altri, sottoscrizioni, gruppi che si fanno promotori, “aiutiamo il Moscati, aiutiamo le persone in maggiore difficoltà”; e dall’altra poi contemporaneamente persone e gruppi che si armano per motivi egoistici, per galoppare anche su questo puledro, anche su questo cavallo, anche su questa necessità che ci ha posto tutti in ginocchio.

Chiediamoci anche se i gesti, che noi ci scambiamo con gli amici, con le persone che amiamo, siano gesti belli, dove impieghiamo il meglio di noi o stiamo giocando al risparmio; perché, vedete, la storia della Redenzione che in questi giorni viviamo nel mistero centrale che è la Morte e la Risurrezione di Gesù, è all’insegna dello spreco. Adesso “spreco” è un termine che nel nostro vocabolario ha un’accezione solo negativa, ma l’amore è sempre eccedente, l’amore fa più di quello che sarebbe giusto fare, l’amore è al di sopra della legge, l’amore sa tirar fuori delle energie quando tutti sono a corto.

“Spreco” significa spalmare la propria vita per qualcosa di bello. Mi rivolgo in particolare in questo momento ai giovani, se ce ne fosse qualcuno che ha deciso di seguire il vescovo anche in questa follia di una giornata di ritiro su un canale televisivo. Mi rivolgo a voi che siete i veri grandi capitalisti in questo momento; certamente non avete il reddito di cittadinanza e non rientrate in tanti aiuti e benefici che il Governo sta mettendo a punto, ma avete la più grande ricchezza che è il tempo, che è la vostra giovinezza.

Che ne vuoi fare della tua giovinezza? La vuoi stringere a te, come Mazzarò, il personaggio di cui ho parlato poc’anzi, del Verga, che si tiene la sua roba stretta; molti giovani si tengono il proprio tempo, la propria giovinezza stretta, a dire “me la succhio fino all’ultimo, come un gelato, come un lecca lecca …”, o ne vuoi fare un dono? La giovinezza ti pone in questa meravigliosa stagione di poter spalmare sugli altri, in un’azione benefica per la salvezza degli altri la tua vita in una missionarietà anche laicale al servizio dei poveri, o puoi pensare alla carriera e fare tutti i master che hai in mente per diventare un top ma sarai scontento. Impara da Maria, impara da questa donna che spreca la sua vita in questo profumo che è il suo tempo, che è la sua bellezza, che sono i suoi pensieri, i suoi sogni, spalmandoli sui piedi del Maestro, quasi in un gesto di adorazione e di grande venerazione.

Quello che dico ai giovani vale anche per ciascuno di noi che comunque ha un gruzzoletto di tempo ancora a disposizione. Che voglio fare di questo tempo?, e come ho impiegato il tempo fino ad ora? Tenendolo per me, gestendolo dove tutti gli altri sono al mio servizio o offrendolo? Sono come gli uomini grigi della favola di “Momo”?, – spero abbiate letto questa fiaba moderna – che accumulano o sono disposto ad offrirmi, a dare, a darmi. Quando non avremo dato tutto, finché non avremo dato tutto, non avremo dato nulla, ma – attenti – questo non è solo un discorso morale o sociale, perché innanzitutto è il Vangelo.

 

Il Vangelo è Dio spalmato su pochi giorni in un orizzonte umano tra mille emergenze e povertà, è il Dio che perde tempo e divinità con te, per te.

Con questi occhi noi dovremmo guardare anche tutti i racconti della Passione che possiamo leggere in questi giorni: sono gli occhi che questo brano di Vangelo ci offre, che è una sorta di paradigma, a dire:

“Vuoi capire il Vangelo? Leggi questo brano.

Vuoi capire quello che accadrà a Gesù nei prossimi giorni? Fa’ attenzione a quello che fa Maria perché quello che fa Maria è quello che farà Gesù, è quello che Dio ha fatto fa e farà con te”. Dio non ti dà uno spicciolo, non gioca al risparmio con te ma ti offre tutto quello che ha: ci ha donato il suo Figlio, ed allora rientriamo in noi stessi e diciamo: “Forse non ho capito niente fino ad oggi del Vangelo e dell’essere cristiano; forse devo cambiare ritmo, devo rimodulare la vita; forse c’è bisogno che io torni a prendere un sogno di santità”.

 

Alle mie spalle c’è una vetrata istoriata con i nostri santi patroni: Modestino, Fiorentino e Flaviano: un vescovo, un presbitero, un diacono, che si trovarono qui, a Mercogliano precisamente, per un caso provvidenziale, forse in seguito ad una persecuzione, e tutti e tre in età diverse e con gradi diversi del Ministero, dell’Ordine offrirono il loro sangue. Quindi il Vangelo poi è riedito nella vita dei santi e noi non troviamo altro che questo: “non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. I nostri Santi Protettori lo hanno fatto, Gesù, prima di loro, Maestro ed apripista di questa grande carovana di credenti, lo ha fatto, puoi farlo anche tu, posso farlo anche io. Allora mi fermo un attimo e chiedo questa grazia di convertirmi; perché se anche minimamente tu percepisci che quello che il vescovo ti sta raccontando e quello che abbiamo ascoltato dal Vangelo è per te, tra l’altro è il Vangelo di oggi, tu non puoi restare indifferente, ti salgono le lacrime e ti viene la commozione, hai la percezione d’aver sbagliato tutto, ma anche la gioia di sapere che d’ora in poi, cioè da questa Pasqua che si profila così strana, forse può cominciare una vita nuova per me.

Questo, come ho detto poc’anzi, non è una pagina del Vangelo ma è “il Vangelo”. Il Vangelo è Dio che si è svenato per te.

Sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali, davanti alla contemplazione della Croce, in un momento molto particolare e decisivo del suo cammino spirituale, del cammino spirituale che fa fare all’esercitante, pone alcune domande,  lo fa ai piedi della Croce; vedendo Gesù e vedendolo in alto, l’esercitante invece è in basso dentro un baratro. “Dal profondo a te grido, Signore; / Signore, ascolta la mia voce” dice il salmo 129. Ed allora da questa situazione di baratro, di buio, in alto c’è una botola e l’esercitante vede che al di sopra di questa botola c’è un Crocifisso, c’è una Croce ed un Crocifisso; ed allora si rivolge a Gesù e dice: “Ma che ci fai?, che ci fai tu sulla Croce? Tu sei la bellezza infinita ed invece ti vedo con le parole del profeta Isaia come un uomo che ha perso ogni connotato umano, in te non c’è più nulla di umano, tanto sei sfigurato, tanto il tuo volto è diventato diverso, gonfio, rigato di sangue, tu che sei la matrice di ogni bellezza, qui sei diventato una cosa orribile, come mai?”, chiede l’uomo a Gesù e Gesù risponde dalla Croce: “Io, che ero la bellezza che ha dato colore ai tramonti, ai fiori, ai volti degli uomini e delle donne, sono diventato qui un grumo di sangue, un oggetto orribile davanti a cui bisogna velarsi il volto perché tu che eri brutto potessi diventare bello”. E poi di nuovo l’uomo si rivolge a Gesù: “Ma tu sei l’Onnipotente, Colui che muove il sole e le altre stelle e adesso invece sei diventato impotente e non puoi più neanche muovere un muscolo, sei disteso sulla Croce, inchiodato a questo legno, ma non sei tu che hai fatto il mondo?” E Gesù risponde: “Sì, Io, che ero Onnipotente mi sono fatto impotente perché tu che sei impotente potessi diventare onnipotente”. E così continua il dialogo attraverso varie immagini ed alla fine Sant’Ignazio affida all’esercitante queste tre domande che affido a voi.

Prima domanda: “Che ho fatto fino ad oggi per Gesù?”

Seconda domanda: “Che cosa sto facendo per Gesù?”

Terza domanda, che è anche la più importante: “Che cosa farò per Lui?”

Sono importanti perché sono la risposta all’Amore. Se uno si è lasciato prendere a calci in faccia per te e tu lo scopri, lo scopri adesso che Dio si è svenato per amore. Il brano della unzione di Betania lo esprime così bene. Tu vuoi commuoverti davanti a questa scena e cercare di dare una risposta – attento! – non una risposta verbale, ma una risposta con la vita.

A questo momento seguirà il pranzo a casa tua; se fosse possibile la candela portala anche a tavola. Adesso do queste indicazioni ma mi rendo conto che in alcune case sarà impossibile perché ci sono i bambini, perché… ma se fosse possibile, perché ce ne sono le condizioni, prova, metti un sottofondo, e prova, con le altre persone, a pranzare in silenzio. All’inizio è una esperienza imbarazzante, poi diventerà molto distesa, perché t’accorgerai che forse godiamo di più di ciò che è stato preparato e ciò che condividiamo; attraverso sguardi riusciamo a dirci più cose di quanto non riusciamo a dirne a parole. È un modo per mantenere il raccoglimento. Ci diamo appuntamento alle 15 e 30. Non mancare!

 

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Il testo non è stato rivisto dall’autore.