Quando tutto prende senso

Teano, 4 giugno 2017

Celebrazione Eucaristica

 

presieduta da S.E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

 

Solennità di Pentecoste

 

Chiesa Cattedrale

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Saluto iniziale

La Pentecoste è la Pasqua che giunge a compimento (50 giorni: un tempo pieno, definitivo). La Pentecoste non è una festa, ma è la vita della Chiesa da 2000 anni a questa parte, sotto la guida, l’azione, il fuoco, il vento, la dolcezza, la consolazione, il perdono dello Spirito Santo.

In questa Solennità, 50 giovani ricevono il Sacramento della Confermazione e, dunque, per voi è Pentecoste doppia: è la Pentecoste liturgica, ma anche Pentecoste personale. Ce n’è una ogni anno, ma ce n’è una nella nostra vita, quella della nostra Cresima, anche se per la maggior parte non capita, non coincide con la Solennità.

Ci disponiamo a celebrare questi Santi Misteri coscienti della nostra indegnità, ma anche del dono che è lo Spirito, dei doni di cui siamo colmati.

E per poter vivere più appieno questa grazia, chiediamo perdono dei nostri peccati.

 

Omelia

Il panorama cambia, un panorama cambia a seconda della luce: lo stesso panorama in un giorno di sole ha un aspetto, in un giorno nuvoloso ne ha un altro; in un giorno di sole trasmette un sentimento di gioia, in un giorno nuvoloso può mettere tristezza.

Chi fra voi ha una giacca rossa, con un cielo nuvoloso quel rosso è morto, ma se lo raggiunge la luce quel rosso è vivo.

Potrei continuare a lungo facendo degli esempi di volti, di scene, di momenti, con o senza sole, per dirvi cos’è lo Spirito Santo; ovviamente, è un’esemplificazione molto banale, ma che può aiutarci. Il Sole è ciò che esalta i colori, esalta i volti, sottolinea i profili; il profilo dei monti, per esempio, al tramonto, è così netto perché dietro c’è il sole. Avviene così nella nostra vita per lo Spirito Santo: senza lo Spirito è tutto muto. La Parola che abbiamo ascoltato ci sembrerà un testo lontano migliaia di anni, anche di un certo pregio, ma che non dice nulla se lo Spirito non rianima la Parola, i Sacramenti che stiamo celebrando, l’Eucarestia e il Sacramento della Confermazione. Senza questa visione spirituale diventano dei riti – spero che nessuno di voi sia venuto qui solo per un rito, per un timbro, per avere la possibilità di fare a sua volta da padrino, da madrina, per potersi sposare – è una celebrazione senza Spirito Santo; ma per quelli che sono venuti desiderosi di vedere il futuro proprio, del mondo, di ricevere speranza, di essere infervorati, allora lo Spirito fa tutto questo.

C’è un’espressione della Sequenza che abbiamo pregato: Scalda ciò che è gelido. Chiedo scusa alle donne per questo esempio: in latino, questo termine “gelido” è “frigidus”, e capite che una donna che non si riscaldi, sarà anche bella, ma è come una statua, è fredda; la frigidità è una malattia, una impossibilità a riscaldarsi e, dunque, a incontrare l’uomo e, dunque, a diventare madre. Quante cose la frigidità frena e, oggi, nonostante il costume libero e liberista, c’è una frigidità in giro, rispetto alla sessualità, terribile, dove non si accende più il desiderio a causa di una piattezza. Allora, lo Spirito è ciò che riscalda ciò che è frigido e se nella tua relazione coniugale, spesso succede, è intervenuta una frigidità, perché tuo marito non ti dice più nulla… L’ho sentita tante volte, da parroco, questa confessione terribile: “Padre, mia moglie non mi dice più nulla”. Capite bene che non si riferissero questi penitenti alle parole – una moglie che non parla più… sarebbe difficile trovarne una – ma a “non mi entusiasma più, non mi accende più”. Lo Spirito Santo è ciò che riscalda.

I discepoli di Emmaus, quando confessano, riconoscono la presenza di Gesù che ha camminato con loro, dicono: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre egli ci parlava?”, cioè non abbiamo sentito un ardore? E il problema della vita è l’ardore.

Qualsiasi sia la professione o il mestiere che voi 50 state facendo o farete, l’importante è l’ardore, perché posso essere anche un grande manager, posso essere anche il presidente del governo: è inutile! Dove non c’è ardore, non si accende nulla e anche se si fanno delle cose le si fa in una maniera pedante: le parole si dicono, ma muoiono sulle labbra; i gesti si compiono, ma sono vuoti a perdere, cioè ciò che dà contenuto alle parole, ai gesti, a un mestiere, a una professione, è l’ardore e l’ardore è lo Spirito Santo che, come abbiamo ascoltato e cantato nel Salmo responsoriale, pervade la terra. Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra, cioè se voi vedete partorire una cagna o una gattina, anche lì c’entra lo Spirito Santo, cioè dovunque giunge la vita c’è lo Spirito.

Ieri sera, celebravo le Cresime a Pignataro e mi rallegrava particolarmente sentire le rondini impazzite (eravamo al tramonto) intorno alle finestre della chiesa che Don Tommaso conosce molto bene, perché vi è stato parroco, e per me quello stridio di vita, quell’impazzimento di gioia, che le rondini ci trasmettono, era voce dello Spirito. Quindi, lo Spirito è già nella natura, è già nel creato, è nelle primavere che si alternano, che vengono anche dopo inverni rigidi, è nei frutti che maturano. Lo Spirito è in un bacio, lo Spirito è “sono rimasta incinta”, lo Spirito è partorire un figlio, lo Spirito è due che si incontrano in un deserto e lo fanno fiorire con il loro amore. Ma ancor più, lo Spirito è nella vita della Chiesa, nella Parola che, senza lo Spirito, come ho detto, sarebbe un frutto da archeologia fredda e, invece, ci riscalda, invece, ci struttura. Questa Parola, se l’ascoltate con ardore, vi cambia la vita, vi cambia l’orientamento, vi fa ricalcolare la vostra esistenza come dovrebbe accadere oggi (“ricalcolo”, come dice il navigatore). E se non siete venuti qui per un ricalcolo, cioè con la percezione, la possibilità, l’attesa che lo Spirito possa cambiare la vostra vita, la direzione che avete dato, quello che stiamo per fare è inutile, anche se efficace nell’oggettività sacramentale. Quindi, lo Spirito è dentro tutto ciò che la Chiesa fa e dice.

Avete ascoltato, nel Libro degli Atti, che una comunità chiusa, sterile, impaurita, nella difficoltà di dialogare con il mondo, viene sbalzata fuori dal grembo del Cenacolo e nasce: questa è la Pentecoste, è una nascita e tu rinasci oggi e tutti noi rinasciamo – si dice in termini tecnici – nella riviviscenza del Sacramento, che significa che anche se hai celebrato la Cresima 20’anni fa, 30’anni fa, l’anno scorso, 50’anni fa, se tu stai attento, questa grazia ti risale in tutta la sua forza. Lo stupore di quel giorno, che l’autore degli Atti ci riporta, dice che tutti erano meravigliati, perché sentivano gli apostoli parlare nella loro lingua nativa. Cos’è la lingua nativa? Per noi è l’italiano, per le suore è il filippino, il tagalog, l’inglese (non so se ci sono altri di altre nazionalità qui presenti)… No!

Ieri, Suor Anna Lie ha detto: “Domani è Pentecoste, allora potremo parlare la nostra lingua”.

Sì, potete parlare il tagalog, ma la lingua nativa è prima del tagalog, prima della lingua inglese, prima della lingua italiana, prima del dialetto teanese o napoletano. È la lingua del cuore la lingua nativa. Qual è la lingua nativa? La lingua del cuore. E la lingua del cuore – lo spiegavo anche alla Veglia di Pentecoste, venerdì – è la lingua universale, perché il cuore sa farsi capire, la mente no; la mente è aggrovigliata, e quando qualcuno cerca di dirvi una cosa e voi non la capite dovete dire: “Ma parlami con il cuore!”. Perché quando uno parla con il cuore certamente è compreso, perché il cuore ce l’abbiamo tutti, perché la lingua nativa è la lingua con cui siamo stati generati, l’amore dei nostri genitori, l’amore delle nostre mamme, che ci hanno insegnato a parlare, l’amore di tutti quelli che ci hanno condotto al punto in cui siamo giunti: è la lingua del cuore e questa lingua voi dovete parlare, e con questa lingua il Vangelo si diffonde. Non si diffonde per la teologia – non so se qualcuno di voi, magari Claudia: “Vado a studiare Teologia così capisco di più!” – non vi scandalizzate: la lingua dello Spirito non è la teologia. La teologia è esplicitazione, un arzigogolo intellettuale per dare ragione della fede. Uno può essere un grande teologo e non farsi capire e ce ne sono.

Ricordo, quando ero studente, di aver perso mezza giornata dietro un articolo di uno che si chiamava Rahner, un grande teologo, e non aver capito niente. E poi la sera, incontrandomi con i miei compagni, nessuno di noi aveva il coraggio di dire: “Non ho capito niente!”. Ma poi, piano piano, qualcuno diceva: “Ma io non ho capito”. “Anche io!”. E così ci rincuorammo a vicenda che non eravamo degli stupidi o del tutto stupidi, ma che quella lingua, altamente teologica – sto parlando di un grande luminare della Teologia del Novecento – non era poi la via maestra: la via maestra è la via del cuore, che non significa “va’ dove ti porta il cuore”, che è una grande bestemmia che è andata avanti e ancora va avanti, purtroppo, nelle nostre comunità e tra i nostri giovani e non solo, ma significa andare a ciò che è più profondo e ci accomuna tutti, qualsiasi sia la nostra cultura, la nostra professione, il nostro stato sociale, ecclesiale o vocazionale… Lo Spirito Santo è pervasivo della vita della Chiesa.

Allora, per voi 50 comincia oggi una vita nuova. Incipit vita nova direbbe Dante: questa vita nuova cosa prevede? Non lo sapete. Però, dovete fidarvi che è una vita bella, che è una vita avventurosa, che è una vita feconda, che è una vita col sole, con la luce, non frigida! È una vita surriscaldata, eccedente, una vita di grazia e fate in modo di non abortire – terribile questo verbo – di non abortire questa grazia che ricevete, oggi, in Cattedrale, perché è una grazia esplosiva; non la disinnescate, non mettete fuorigioco lo Spirito Santo, come fanno in tanti, per fare di testa vostra: vi farete male e, invece, se vi lasciate guidare dallo Spirito, non solo vi farete bene, vi vorrete bene, ma farete tanto bene. Il mondo ne ha bisogno e la Chiesa ha bisogno di voi giovani per far propagare il Vangelo che non si propaga su internet, ma si propaga se uno ha il cuore ardente, se uno ha nel cuore lo Spirito Santo e lo lascia parlare.

In questo momento noi ci stiamo capendo, forse, se lo Spirito Santo che è in me trova come interlocutore lo Spirito Santo che è in voi. Questa è l’unica possibilità di comprendersi, altrimenti direte: “Il Vescovo aveva bevuto!”, come dicono dei discepoli.

La frigidità è essere astemi – se vogliamo fare un corrispettivo con il vino – la frigidità è essere astemi, cioè non mi piace il vino, mi disturba (a me fa male, ma è una cosa diversa). Pensate una festa senza vino! Non hanno più vino!, dice Maria alle nozze di Cana e non era solo preoccupata della mancanza del vino nelle botti: era preoccupata dell’amore, era preoccupata della gioia, era preoccupata della convivialità, era preoccupata della luce, altrimenti la maglia rossa o la casula che indossa il Vescovo sarebbero colori morti. Il vino, lo Spirito… e tutto risplende, tutto prende senso.

Allora, auguri, buon cammino, buona vita nuova, buona Pentecoste a voi, a tutti! Lasciamoci guidare dallo Spirito che ci libera dalla paura, che ci libera anche dai nostri sensi di colpa. Ricevete lo Spirito Santo – ha detto Gesù nel Vangelo – a chi rimetterete i peccati saranno rimessi. Lasciate guidarvi dallo Spirito, che vi fa liberi da tutte le costrizioni, da tutti i luoghi comuni che imbrigliano la nostra voglia di vita. Siate eccedenti con la grazia che state per ricevere.

 

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Il testo, tratto dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.