Viaggi e miraggi (3)

Diocesi di Avellino

Sentieri Quaresimali – Viaggi e Miraggi  3 – 25 marzo 2020

Conduce Mons. Arturo Aiello

 

Pace e bene.

Ci ritroviamo per il terzo incontro dei Sentieri Quaresimali. Stiamo leggendo il Libro di Tobia, che è attraversato dal tema del viaggio; dopo i preparativi e la benedizione, su cui ci siamo soffermati mercoledì scorso, riprende il viaggio, anzi inizia il viaggio, ed a partire sono in tre. Questo particolare è rappresentato in tante immagini che, a volte, non ci rendiamo conto perché siano in tre, e cioè c’è Tobia, c’è l’Arcangelo, che non ha ancora rivelato la sua identità – lo farà alla fine – ed un cane.

I commentatori dicono che il viaggio della vita è l’uomo con gli esseri superiori, rappresentati dall’Angelo, da Raffaele, ma anche gli esseri inferiori: il cane (tra l’altro in questi giorni il cane è particolarmente – solo per fare una battuta, perché in questi giorni conviene un po’ d’ironia -, è diventato un bene di lusso perché in precedenza erano i padroni che portavano a spasso il cane ed invece, in questi giorni di austerity, sono i cani che permettono, danno il lasciapassare ai padroni, per avere un’ora d’aria. Ed accompagniamo questi nostri personaggi nel loro cammino, ed ascoltiamo.

 

Dal Libro di Tobia

1 Il giovane partì insieme con l’angelo, e anche il cane li seguì e s’avviò con loro. Camminarono insieme finché li sorprese la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri. 2Il giovane scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand’ecco un grosso pesce balzando dall’acqua tentò di divorare il piede del ragazzo, che si mise a gridare. 3Ma l’angelo gli disse: «Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire». Il ragazzo riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva. 4Gli disse allora l’angelo: «Apri il pesce e togline il fiele, il cuore e il fegato; mettili in disparte ma getta via gli intestini. Infatti il suo fiele, il cuore e il fegato possono essere utili medicamenti». 5Il ragazzo squartò il pesce, ne tolse il fiele, il cuore e il fegato. Arrostì una porzione del pesce e la mangiò; l’altra parte la mise in serbo dopo averla salata. 6Poi ambedue ripresero il viaggio, finché non furono vicini alla Media.

 

Le difficoltà non vengono dopo molto tempo, non si lasciano attendere a lungo, perché il testo di Tobia dice che già nella prima sera c’è la prova; avviene all’inizio ma in realtà è tutto il cammino che è attraversato dalla prova e dalla tentazione, che trova qui un simbolo che è un pesce; è una scena serale; è importante perché? Perché è la prima sera in cui Tobia è lontano da casa, quindi la nostalgia, il desiderio di tornare indietro – il Libro dell’Esodo è attraversato da questa tentazione regressiva -; scende nel torrente per lavarsi i piedi, secondo un’azione rituale, oltre che igienica, ma ecco che un grande pesce attenta alla vita del giovane che grida in preda alla paura.

Intanto nella Bibbia l’acqua è sempre legata alla negatività: il mare da attraversare, l’acqua come un luogo infido dove non ci si sente a proprio agio; come ogni giovane e come ogni novizio, come ogni persona alle prime armi nell’arte della vita, perché questo è un testo sull’arte del vivere, Tobia ha paura ed è preso da angoscia. La guida lo rassicura non negando la presenza del male ma incoraggiando il giovane ad affrontarla.

Qui c’è una grande lezione di vita. A volte la paura, succede anche in questi giorni, può mietere più vittime del pericolo stesso, perché la paura, l’angoscia ingigantisce il pericolo. C’è un pericolo reale, c’è un pesce che ha addentato il piede di Tobia, il ragazzo grida, l’Arcangelo dice: “Non temere, piuttosto afferra questo pesce e portalo a riva”. È un modo per attraversarlo il male, per non farsi prendere dalla paura, è un modo per educare i giovani e non solo i giovani a convivere. Grano e zizzania, ci dice Gesù in una sua parabola, convivono, stanno sempre insieme. C’è questa immagine interessante del Caravaggio, che va sotto il titolo, che è conosciuta come la Madonna dei Palafrenieri, dove un bambino è impaurito davanti ad un serpente che attenta alla sua vita, ma ecco che una madre, ma è Maria, è una Madonna del Soccorso, lo tiene, lo sostiene anche indicandoglielo.

Dal male può venire anche il bene. Il male è affrontato, la tentazione attraversata può aprire nuove prospettive, in realtà nella vita noi cresciamo nella difficoltà e non nell’assenza di problemi.

L’arcangelo Raffaele indica al giovane Tobia, una volta che il pesce è portato fuori dall’acqua, di aprirlo; diventerà cibo per tutto il cammino ma bisogna estrarre il fegato ed il fiele: alcuni elementi di questo pesce che serviranno come medicina. “Raffaele” significa questo in ebraico: “medicina di Dio”.

Dal male possiamo trarre forza, soprattutto se lo tiriamo fuori dal suo habitat, una tentazione alla luce della Parola, come ci ha insegnato Gesù: “Sta scritto, sta scritto”; ciò che ci impaurisce, una volta che è estrapolato dalle condizioni che ci hanno impaurito, diventa un elemento positivo. C’è un drago nel lago di Loch Ness, nel nostro cuore, ci chiediamo se questo evento di tentazione sia fuori o sia dentro il giovane. Ci sono tentazioni esterne ma perlopiù ci sono tentazioni interiori; si spezzano le catene del male attraverso la presenza dell’angelo, attraverso la Grazia di Dio, attraverso un “non temere” che continuamente raccogliamo dalla bocca del Signore, ed ecco che ciò che era negativo, diventa medicina.

La medicina tradizionale ma anche quella omeopatica fa i conti, si struttura sui veleni; tante medicine sono velenose ma guariscono. Il male è una negatività ma sotto la potenza di Dio, il male è sempre un gradino più giù della forza di Dio, può diventare addirittura un elemento di forza. Rotta la catena, il giovane in questa sera ha vinto la nostalgia di casa, la tentazione di tornare indietro, adesso i due consumano una cena, abbrustolendo parte del pesce. Una scena che torna nel Vangelo, in Giovanni 21, dove Gesù prepara per i discepoli impauriti del pesce sulla brace. È possibile che nasca un fiore dal cemento? dall’asfalto? Dal male? E qui il riferimento non è a Baudelaire e a I fiori del male, ma è un riferimento concreto al bene che bisogna scovare anche nelle situazioni più difficili. Speriamo di trovarne anche dentro la tragedia che stiamo vivendo.

 

Dal Libro di Tobia

10Erano entrati nella Media e già erano vicini a Ecbàtana, 11quando Raffaele disse al ragazzo: «Fratello Tobia!». Gli rispose: «Eccomi». Riprese: «Questa notte dobbiamo alloggiare presso Raguele, che è tuo parente. Egli ha una figlia chiamata Sara 12e all’infuori di Sara non ha altro figlio o figlia. A te, come parente più stretto, spetta il diritto di sposarla più di qualunque altro uomo e di avere in eredità i beni di suo padre. È una ragazza saggia, coraggiosa, molto graziosa e suo padre è una brava persona». 13E aggiunse: «Tu hai il diritto di sposarla. Ascoltami, fratello: io parlerò della fanciulla al padre questa sera, per serbartela come fidanzata. Quando torneremo dalla città di Rage, celebreremo le sue nozze …

… 14Allora Tobia rispose a Raffaele: «Fratello Azaria, ho sentito dire che ella è già stata data in moglie a sette uomini ed essi sono morti nella stanza nuziale la notte stessa in cui dovevano unirsi a lei. Inoltre ho sentito dire che un demonio le uccide i mariti. 15Per questo ho paura; il demonio a lei non fa del male, ma se qualcuno le si vuole accostare, egli lo uccide. Io sono l’unico figlio di mio padre. Ho paura di morire e di condurre così alla tomba la vita di mio padre e di mia madre per l’angoscia della mia perdita. Non hanno un altro figlio che possa seppellirli». 16Ma quello gli disse: «Hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che ti ha raccomandato di prendere in moglie una donna del tuo casato? Ascoltami, dunque, o fratello: non preoccuparti di questo demonio e sposala. Sono certo che questa sera ti verrà data in moglie. 17Quando però entri nella camera nuziale, prendi il cuore e il fegato del pesce e mettine un poco sulla brace degli incensi. L’odore si spanderà, il demonio lo dovrà annusare e fuggirà per non farsi più vedere in eterno intorno a lei. 18Poi, prima di unirti con lei, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non temere: ella ti è stata destinata fin dall’eternità. Sarai tu a salvarla. Ella verrà con te e penso che da lei avrai figli che saranno per te come fratelli. Non stare in pensiero». 19Quando Tobia sentì le parole di Raffaele e seppe che Sara era sua parente, della stirpe della famiglia di suo padre, l’amò molto senza poter più distogliere il suo cuore da lei.

 

 

 

 

Quando fu entrato in Ecbàtana, Tobia disse: «Fratello Azaria, conducimi diritto dal nostro fratello Raguele». Egli lo condusse alla casa di Raguele, che trovarono seduto presso la porta del cortile. Lo salutarono per primi ed egli rispose: «Salute, fratelli, siate i benvenuti!». Li fece entrare in casa. 2Disse a sua moglie Edna: «Quanto somiglia questo giovane a mio fratello Tobi!» …

… E Tobia aggiunse: «È mio padre». 6Raguele allora balzò in piedi, l’abbracciò e pianse. Poi gli disse: «Sii benedetto, o figlio! Hai un ottimo padre. Che sventura per un uomo giusto e generoso nel fare elemosine essere diventato cieco!». Si gettò al collo del parente Tobia e pianse. 7Pianse anche sua moglie Edna e pianse anche la loro figlia Sara. 8Poi egli macellò un montone del gregge e fece loro una festosa accoglienza …
… Tobia disse: «Non mangerò affatto né berrò, prima che tu abbia preso una decisione a mio riguardo». Rispose Raguele: «Lo farò! Ella ti viene data secondo il decreto del libro di Mosè e come dal cielo è stato stabilito che ti sia data. Abbi cura di lei, d’ora in poi tu sei suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il Signore del cielo vi assista questa notte, o figlio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace».
13Raguele chiamò sua figlia Sara e, quando venne, la prese per mano e l’affidò a Tobia con queste parole: «Prendila; secondo la legge e il decreto scritto nel libro di Mosè lei ti viene concessa in moglie. Tienila e, sana e salva, conducila da tuo padre. Il Dio del cielo vi conceda un buon viaggio e pace». 14Chiamò poi la madre di lei e le disse di portare un foglio e stese l’atto di matrimonio, secondo il quale concedeva in moglie a Tobia la propria figlia, in base al decreto della legge di Mosè. Dopo di ciò cominciarono a mangiare e a bere. 15Poi Raguele chiamò sua moglie Edna e le disse: «Sorella mia, prepara l’altra camera e conducila dentro». 16Quella andò a preparare il letto della camera, come le aveva ordinato, e vi condusse la figlia. Pianse per lei, poi si asciugò le lacrime e le disse: 17«Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore. Coraggio, figlia!». E uscì.

 

 

Ricorderete che nella benedizione il vecchio Tobi, cieco,  che lascia andare questo figlio con un gesto di amore enorme per un viaggio, che è il viaggio della vita, nel terzo aspetto della benedizione c’è anche il futuro nuziale per Tobia. In questo viaggio deve diventare grande e diventare grande è anche capire che non si sta bene da soli, che si ha bisogno degli altri, che c’è bisogno di un’amica con cui camminare. Il testo di Genesi torna come filigrana nel Libro di Tobia molte volte, è vicino il villaggio dove vive questa ragazza, Sara, e l’Arcangelo dice: “Adesso andremo lì e stasera staremo a casa di un tuo parente, perché in quella casa c’è la tua futura sposa”. Tobia ha paura; perché sposarsi richiede un gesto di coraggio, ieri come oggi, oggi più di ieri; sposarsi è superare la paura, è uscire fuori dalla propria privacy, dal proprio egoismo, condividere gli spazi, il tempo, la vita, la giovinezza, la vecchiaia con un’altra persona. E dunque abbiamo bisogno di questa mano sulla spalla, così come nell’immagine che vedete, di qualcuno che ci dica: “Non avere paura”. I giovani hanno paura di sposarsi, hanno paura d’avventurarsi, hanno paura ad uscire da se stessi; “amare” è sempre lasciare se stessi, per andare verso gli altri. Questa paura è accentuata nel caso nostro da un malefizio diremmo che avvolge la vita di questa ragazza, Sara. Ricorderete che Dio aveva messo insieme due preghiere, che venivano da due regioni diverse: la preghiera sconsolata di Tobi e la preghiera disperata di Sara. Dio ha messo insieme queste due preghiere e adesso è il momento in cui concretamente le due storie vengono collegate attraverso il toc toc alla casa di Raguele di Tobia e del suo divino accompagnatore.

Qual è il problema ulteriore oltre la paura di sposarsi? È l’ombra che avvolge questa ragazza. Vedete qui una donna, vestita da sposa ma in lacrime; le spose sempre sono in lacrime, ma Sara ha un motivo in più perché si è sposata sette volte, ma sette volte il giovane marito nella prima notte di nozze le è morto tra le braccia. Una donna sfigata?, diremmo oggi noi, presa da un malefizio? Per fortuna questo testo non era molto conosciuto dai padri della psicoterapia, altrimenti avrebbero tirato fuori dei grandi trattati, perché Sara è impedita nel gesto nuziale, nel gesto dell’amore, nel gesto del perdersi con l’altro e per l’altro, dice il testo, da un’azione demoniaca di un demone che si è innamorato di lei e che le impedisce qualsiasi matrimonio. Sta di fatto che Sara è disperata ma lo sono anche i suoi genitori, anche suo padre che ora che Tobia sta per chiedergli come sposa la figlia hanno un poco di timore.

Comunque vedete come questo libro si va intensificando nella sua drammaticità; mi viene in mente l’ultima strofa di una canzone napoletana, credo fine ‘800 inizio ‘900, che ha le sue radici proprio qui nell’Irpinia: “O zampugnaro nnammurato”, che parte dalle nostre terre ed arriva a Napoli:  “Da lu paese, a Napule arrevato, /  nce cammenava comm’a nu stunato…”.
Come sapete, o almeno gli anziani sapranno, che questo zampognaro è promesso sposo ma poi s’innamora di una donna dell’alta società napoletana e la canzone si conclude:

 “nu fucularo cu nu cippo ‘e pigne…
‘A neve sciocca e na figliola chiagne:
Chisà stu lietto ‘e sposa si se ‘ncigna…”

e mi sembra che questa sia anche la situazione e l’apprensione di Sara che guarda al suo futuro con incertezza. L’immagine che vedete di una stanza nuziale con tante candele ha una duplice valenza, può essere la stanza in cui si veglia un morto, può essere una stanza, arredata per una notte d’amore, con tante candele in una maniera romantica; d’altra parte amore e morte, ce lo insegna la psicoterapia freudiana, non sono disgiunte, vanno sempre insieme, anche in quella piccola morte ma dolorosa per i genitori, che è il veder partire una figlia, un figlio per il matrimonio, un vero taglio del cordone ombelicale, che avviene dopo trent’anni dalla nascita, oggi purtroppo addirittura intorno ai quarant’anni.

Dunque, come andrà a finire questa storia? Sarà Tobia un’ennesima vittima? Ma è l’ottavo sposo e qui il numero è importante nella Bibbia, è l’ottavo giorno, il giorno nuziale, “Otto giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea”, si dice al capitolo 2 di Giovanni. Dunque ci sono delle assonanze nella Bibbia, che attraversano l’Antico ed il Nuovo Testamento, e l’ottavo sposo è il Messia. Dunque ci sono delle simbologie messianiche in questo testo che, come vi dicevo nella prima puntata, è datato intorno al III secolo a. C., quindi ancora deve venire il Messia ma lo si attende, sarà lo sposo dell’umanità, sarà colui che vincerà la morte; otto giorni dopo Gesù compare nel Cenacolo con i discepoli da Risorto, attraversando le porte chiuse, dunque ci fa pensar bene questo ottavo; è l’ottavo, e dunque l’ottavo sarà quello vincente, sarà quello atteso; gli altri matrimoni sono andati male perché doveva essere data Sara in sposa a Tobia. Dobbiamo anche dire che siamo in una tradizione endogamica, cioè dove il matrimonio deve avvenire all’interno della stessa tribù e quindi Raguele ha cercato di risolvere a modo suo il matrimonio della figlia in precedenza, non rispettando queste norme, e potrebbe essere questo il motivo anche per cui questi sette mariti sono morti, diremmo noi, nel più bello.

 

Dal Libro di Tobia

1 Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella camera da letto. 2Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell’incenso. 3L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì verso le regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. 4Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». 5Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! 6Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: «Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui». 7Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con animo retto. Dégnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia». 8E dissero insieme: «Amen, amen!». 9Poi dormirono per tutta la notte.
10Ma Raguele si alzò; chiamò i suoi servi e andarono a scavare una fossa. Diceva infatti: «Se mai morisse, non diventeremo così motivo di scherno e di vergogna». 11Quando ebbero terminato di scavare la fossa, Raguele tornò in casa; chiamò sua moglie 12e le disse: «Manda una delle serve a vedere se è vivo; così, se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia». 13Mandarono quella serva, accesero la lampada e aprirono la porta; quella entrò e trovò che dormivano insieme, immersi nel sonno. 14La serva uscì e riferì loro che era vivo e che non era successo nulla di male. 15Resero lode al Dio del cielo e dissero: «Tu sei benedetto, o Dio, degno di ogni benedizione perfetta. (Ti benedicano per tutti i secoli! 16Tu sei benedetto, perché mi hai ricolmato di gioia e non è avvenuto ciò che temevo, ma ci hai trattato secondo la tua grande misericordia. 17Tu sei benedetto, perché hai avuto compassione dei due figli unici. Concedi loro, Signore, grazia e salvezza e falli giungere fino al termine della loro vita in mezzo alla gioia e alla grazia». 18Allora ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse giorno.

19Raguele ordinò alla moglie di fare pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni, li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto.

 

Tobia insiste d’avere in sposa Sara. Il padre tentenna, ha paura di un’altra vittima, di un’altra tragedia, ma al tempo stesso è un opportunista, chi sa che non sia la volta buona. Viene siglato questo documento, questo rogito, per così dire, matrimoniale, ed ecco che si prepara la stanza nuziale e dopo cena gli sposi si rifugiano nel talamo. E qui abbiamo tanta apprensione intorno a questa stanza chiusa. Che succede oltre quella porta?, che starà succedendo?, è già morto? Riusciranno i nostri eroi?

Abbiamo qui un’indicazione sulle relazioni. Tutte le relazioni sono una realtà vivente: la relazione coniugale, la relazione genitori-figli, quella amicale…; tutte le relazioni sono un prodigio, ma sono anche equilibrio instabile; tutte le relazioni possono ammalarsi, possono guarire, possono morire. Ci sono relazioni di vita e sono quelle liberanti. Vedete, un gabbiano che vola dal nido è ciò che i genitori devono fare per i figli, ma anche ciò che, e non pensate cose strane, ciò che il coniuge deve fare nei confronti della moglie e viceversa, cioè non dobbiamo chiudere la relazione, ma una relazione è vera ed è sana e gode ottima salute, nella misura in cui è aperta, aperta agli amici, aperta ai figli innanzitutto, aperta al mondo, aperta alla società. E dunque abbiamo la possibilità di fare anche un esame di coscienza, in base a questo testo, sulle nostre relazioni.

Quello che vivi è liberante? I tuoi amici, le persone a cui vuoi bene sono commensali ma poi sono liberi di andar via, di frequentare anche altre mense? O tu chiudi in una gabbia l’altra persona, fino ad ucciderla?

In questo, D’Annunzio, che aveva le sue paturnie, le sue patologie, nei suoi romanzi spesso descrive queste condizioni patologiche dell’amore. Ed in particolare ricordo da giovane di aver letto Il Trionfo della Morte, dove due decidono di stare insieme ma lontani dal mondo, estraniandosi dalla società, vivendo da soli … alla fine del romanzo si precipitano in un burrone perché questa vicinanza è stata così forte, da diventare un elemento di morte.

Allora chiediamo al Signore stasera che le nostre relazioni siano libere e liberanti e non siano chiuse dove l’altro soffre, dove l’altro è imprigionato. L’abbraccio è una casa ma deve essere anche un abbraccio aperto. Aiutiamo ed aiutiamoci vicendevolmente a vivere relazioni sane.

E torniamo al nostro racconto dove c’è questa apprensione. Che sta succedendo oltre quella porta? E non per una sorta di voyeurismo, ma per sapere se Tobia è riuscito a rompere l’incantesimo. Sta di fatto che Raguele, un uomo come vi dicevo opportunista, decide di scavare una fossa. Questo elemento è un po’ preoccupante, perché ha in animo di seppellire immediatamente Tobia, morto anche lui, in modo tale da liberarsi da questo cadavere, occultarlo, e al tempo stesso salvare l’onore di sua figlia.

Questo sepolcro vuoto che egli fa scavare nella notte, pensate queste due scene in parallelo: i due giovani che si amano e dall’altra questa fossa che è scavata, a dire che i genitori non s’aspettano la vita, s’aspettano la morte, s’aspettano che il copione si ripeta in maniera eguale, che non possa esserci un’apertura.

I commentatori indicano in questo sepolcro il sepolcro di Gesù; è scavato ma è un sepolcro vuoto, è un sepolcro dove nessuno è entrato prima, all’atto in cui viene deposto Gesù dalla Croce, ma è anche il luogo della nostra fede, il centro irradiante della nostra fede. Paradossalmente, la bellezza della nostra fede è sul quel vuoto del sepolcro. Allora di qui ci sono due giovani che si amano, ma nel giardino c’è un padre che fa scavare una fossa, forse di nuovo il complesso di Elettra, è un padre innamorato della figlia? Certamente è un padre che ha perso la speranza.

Adesso varchiamo un attimo la stanza nuziale, ed ahimè vediamo due giovani che pregano. La cosa vi farà sorridere, ma dice il testo che Tobia si alza dal letto e dice a Sara: “Vieni, preghiamo”.

È importante che le nostre relazioni siano sanate dalla preghiera, che possiamo pregare gli uni per gli altri, che possiamo pregare insieme, che preghino insieme i coniugi, insieme i genitori ed i figli, che preghi la comunità, ma anche quella cellula fondamentale che è la comunità coniugale.

Dunque, “prima di metterci al letto” dice Tobia “noi non siamo come gli altri ma siamo figli dei santi e dunque chiediamo aiuto al Signore”.

Intanto ricordate che sul braciere è stato posto una parte del pesce che aveva attentato alla vita di Tobia e quindi c’è questo profumo che manda via il demone che poi Raffaele imprigiona e lega con catene, ma è bella questa immagine di: “chiediamo l’aiuto al Signore, perché questo amore sia sotto il suo sguardo, perché questo amore non sia maledetto ma sia benedetto”. In fondo è questo il senso del sacramento del matrimonio, ma qui siamo tanto lontani, eppure due Israeliti sentono il bisogno di mettersi in ginocchio, come i due giovani, che vediamo qui nell’immagine, con le mani incrociate, quasi a fare un’unità, ma anche a rivolgersi al Dio che ha detto: “Non è bene che l’uomo sia solo … per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna ed i due saranno una carne sola”.

Una volta scavata la fossa, il padre di Sara manda una serva con un lume per vedere se bisogna portare giù il cadavere. Ed invece questa ragazza trova due giovani addormentati, sazi della cena, della mensa dell’amore, due giovani che dormono, un’immagine di grande serenità, perché è il Dormiente che ci salva. Anche qui un’indicazione cristologica perché Colui che dormiva nel sonno della morte è il Signore della vita. E la scena cambia di colore, d’intensità, e da tonalità minore diventa tonalità maggiore e di festa, all’atto in cui di mattina i due giovani escono dalla stanza nuziale.

“Esulta – dice il salmista, riferito al sole -, come un prode che esce dalla stanza nuziale”. Allora è vivo? Allora bisogna richiudere velocemente questa tomba che non servirà, perché adesso non c’è più la morte che vige, che impera, ma c’è la vita. Allora comincia una festa con cui si conclude questa nostra puntata; è la festa nuziale, ma è anche la festa della vita che trionfa sulla morte. È già un anticipo pasquale, è già un guardare allo Sposo dell’ottavo giorno, che viene a liberare l’umanità, che è sotto il giogo di un malefizio che si chiama “peccato”.

Concludiamo così anche questa nostra riflessione, questa nostra puntata, augurando a ciascuno di voi di fare questa esperienza di passaggio dalla vita alla morte, dal sepolcro alla risurrezione, dal malefizio all’abbraccio nuziale liberante. E facciamo festa insieme con altri. Addirittura Raguele dice che bisogna fare festa per quattordici giorni, tanta è la gioia di questo padre che vede rinata una figlia e soprattutto riaperto un futuro per sé.

Questa è l’opera di Dio! “Hai mutato – dice il salmista – il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia”.

Concludiamo con la benedizione in questo giorno particolarmente importante perché è la solennità dell’Annunciazione, c’è una buona notizia che l’Angelo, un altro, non il nostro Raffaele, ma Gabriele porta a Maria: “Il Signore è con Te”, ed anche con ciascuno di voi.

 

Benedizione del Vescovo

 

Coraggio e buona serata!

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.